Hic sunt leones

Sono io
sussurri

Ma tu chi sei
tu cosa
di preciso
sei

Non sbaglio
dieci volte
non ne sbaglio
nemmeno quattro

Affidare il mio corpo
è una performance
trapassato
trafitto
c’è solo un volto
nella mia mente

Un volto
che sto dimenticando
che sto uccidendo
giorno
dopo giorno

Ma le notti
sono degli irrequieti
e degli scettici
che guardano il mondo
da un balcone
e sputano disprezzo
e rifiuto

È morto qualcosa
è morto qualcuno

Come un siero
iniettato
ha tramutato
il rosso del sangue
nel nero di questo inchiostro
ricopiato
in caratteri digitali

Un tasto
per spedire una confessione
in una rete
su una maglia intricata
e consegnarla
all’oblio
al quale aspiro
al quale
il mio corpo tende

Perciò tu
chi sei
che nemmeno ti vedo
e le tue parole
sono soltanto ispirate
dal velo del buio?

Hai il coraggio
di espormi al sole?

Sradicato dal mondo
da un anno
temo
le parole
e la loro
inadeguatezza

Non c’è più voce
che possa ascoltare
per sentirmi simile
per sentirmi persona

Come bestia
accumulo ferite
e malattie

Qui
ci sono i leoni
ed è solo pericolo
oltre
ci sono solo leoni
il resto ancora
non si è scoperto
è inesplorato
non si conosce
Che cosa faceva Dio
quando non faceva nulla?
In che modo riempiva,
prima della creazione,
i suoi ozi?

Chi ebbe
il mondo classico
da biasimare
se non se stesso
per la dissoluzione
dei valori
per il declino
delle sue filosofie
per la comparsa
del peccato?

Ma quale occasione
sa cogliere una civiltà
per camuffare
il proprio indebolirsi
gridando
all'invasione

Una lingua Barbara
per spiegare
e giustificare
l'alba
di un medioevo.

Niente e nessuno
era da biasimare
per questo svanire
per questo morire
o cedere il passo
al nuovo
allo Straniero.

Io delego all'altro
la comprensione di me
e cerco in lui
la distruzione
apro le porte
e costruisco ponti
per la sua avanzata
e gli consegno
la mia salvezza.

Non è che nello stupro
la mia vera risoluzione.

É nella violenza
di una razzia
di una espugnazione
la mia definitiva
sconfitta.

Eppure
sa di trionfo
sa
di liberazione
tutta la violenza
l'irruenza
di una sottomissione.

Ho consegnato in mano
a te Straniero
le armi taglienti
per finirmi
rivestendole
con foderi di velluto
che il dolore
nel trafiggere
fosse meno lacerante
e più elegante.

Ma la spada
occorre sfilarla
dai fianchi
prima di avventarsi
sull'ennesima vitima
e il dolore
è stato
alla fine
inevitabile.

Prolungato
centellinato.

É stato uno scivolare
verso un nuovo giorno
che era più buio
e freddo
di ieri.

Quale giustificazione
mi potrei dare
per aver trovato in te
il mio nemico
stimato e ammirato
ma quale intimità
possono avere
gli sguardi di chi uccide
e della propria vittima.

E così io sono morto
di fronte ai tuoi occhi
e tu sei l'invasore
il progresso
l'oblio
al quale ho consegnato
il mio tramonto.