cosa si porta via
il giorno
quando finisce

cosa porta di più 
la notte
quando inizia

cosa inizia
quando il disco gira 
e la musica riparte

il buio
non è mai
totale

perennemente squarciato
da vene di neon
piste di luce fluo 

dove si discende
o dove si sale

a volte precipita 
a volte si innalza
ma mai rimane fermo

lo senti il basso
dentro i polmoni
e la presa che stringe
sopra lo stomaco?

è siderale
è metafisica
la sofferenza

si è resa astratta
si è resa latente
si è resa cronica

impalpabile dolore
una nube sfumata
di gas sgargiante

staccata da un corpo
eppure pesante
sopra le spalle 

e la testa si inchina
e gli occhi si abbassano
per la resa perenne

in una mancanza
ritrovi la rabbia
e te ne disseti

è un involucro di pelle
svuotato di sinapsi
imbalsamato di estasi

cosa succederebbe
se gli occhi si ritrovassero
se la saliva bagnasse 

di nuovo 
un’ultima volta
e poi per sempre

cosa leccheresti
cosa toccheresti di nuovo
sapendo che è l’ultima 


la senti l’umidità 
del verde 
del muschio 
di qualcosa 
che nasce pronto
predisposto
a marcire in fretta 

sa di acque salmastre 
imprigionate in anse 
a bollire al sole
stagnanti e rapprese

chiudendo gli occhi
non ti sei più 
visto i piedi 
hai visto una felce
antica
hai visto un coleottero
scappare nel buio

il tuo petto
si alzava come l’onda
che porta e abbandona
e come la risacca
riprende e riperde

e puoi tornare 
scendendo giù 
in un esercizio
di morte
un restituirsi
al niente 

e poi è sempre
tornare
non appena puoi
non appena vuoi

e hai capito
che è nel dolore
che vivi 
che nuoti
che ha sempre
la densità dell’acqua 

lo hai saputo mutare
sintetizzare
in piacere
in estasi
lo hai rivoltato
trasformandone le tinte

a volte sembra amore
a volte
solo assenza
nessun legame 
con la terra
coi volti
e proprio per questo
conosci il piacere
dell’adagiarsi
sopra le zolle
del toccare le pelli

ritorni
quando vuoi
e quando vuoi
vai via

non conosci più 
privazione
mentre scendi 
e non sai mai
in fondo
dove stai per cadere