la luna ingrossata 
fa espandere le vene
fiotti densi e compressi
a riempire cavi tesi 
messe a terra
per scaricare la rabbia

e il mio bacino
è una laguna
e si contrae 
e si espande
e ad ogni nuova luna 
mi asciugo
e ad ogni piena
mi espando

a raccogliere acque
elargire vita
ma poi
col cielo buio
sempre svuotato
arido e secco
senza luce
senza umidità

e come abbraccio
come accolgo
so anche respingere
e rifiutare

è un mostruoso ciclo
di apici e baratri
ma mai
scostante
sempre 
ricorrente

ma ogni volta
le correnti lasciano 
ma sempre ogni volta
portano via 
e tutto si mischia
e niente
davvero
si deposita 

ma poi
si dimentica
e ciò che era vita
lascia solo conchiglie
gusci di calcio 
un tempo abitati

Örvar-Oddr

c’è una strada 
e poi un bosco
e lì 
puoi addentrarti 
per cercare 
creature selvagge 
leggendarie ed ostili
e solo da lì
puoi tentare 
di domarle

ma le briglie 
sono un cappio
e i finimenti equestri 
soffocano e limitano
vincolano
nelle loro strette
stringono
come la mano
intorno al collo
urtano
come un pugno
dato sui reni

eppure 
quale piacere
nel dolore
nella ricerca 
e nella perdita
come se anche questa
fosse l’ultima

ma quale bestia
si nasconda
tra gli arbusti
non è dato sapere
e può essere
che il cacciatore
divenga preda

può essere
che la freccia scoccata 
faccia il giro del mondo
e ti colpisca alla schiena
e allora muori
e non è più piacere
è solo dolore
è solo veleno

e allora realizzi
e allora capisci
che non hai mai trovato
e mentre cadi
sulle tue ginocchia
vedi il male
fatto e subito

e di colpo è chiaro
mentre soffochi
mentre ansimi 
di tutti i costrutti
di tutte le tue
vane utopie

ed è un rinculo
un contraccolpo
e non vedi più 
non senti più
quel muoversi
dentro e in fondo
lo senti lontano

e così ti abitui
per gli ultimi attimi
a stare disteso
sopra il terreno
e conti paziente
i tuoi respiri

e non puoi tornare
al momento di prima
a quando hai deciso
che volevi scoccare
e quell’animale
quella creatura eterea
sarà libera
e sopravviverà
nonostante te

Røkkr

non ci sono più pavimenti
ad accogliere la schiena
i cui muscoli 
non si sono mai stancati
di aggrapparsi 
e le mani
quanta presa
quanto peso
sanno sostenere
tutto il mio corpo
tutta la mia 
gravità

sentimentalmente anormale
emotivamente afasico
come le bestie sacre
vado a morire
nel bel mezzo del deserto
dove la terra è arida
e solo le mosche 
possono visitarmi

con un pugnale 
ho tracciato il cerchio
dove ora mi stendo
e mi addormento
soffrendo e piangendo
non sopportando
la mia stessa carne 

è stato 
come indossare una pelle
una fodera di sofferenza
avvelenata all’interno
è come 
vestirsi di spine
e stringere le cerniere
sempre più tese
ancora più chiuse

ma io lo so
da dove vengo
e tu lo sai 
da dove vengo?
tu lo sai come era
la MIA morte?
ti sei mai fermato
a contare il mio sangue
che alla fine
era
doveva essere
solo il mio

sono il coyote 
che non ha trovato l’acqua
sono la lince
che non ha cacciato
sono il pinguino
che non ha mai covato

in deserti foreste ghiacciai
la mia natura
mi ha sempre tradito
e ora
solo ora
sono giunto qui

e se non so darmi 
la morte
è solo 
per tutta la musica
ancora da assorbire
è per tutte le parole
che devo ancora
capire

e dentro il mio amore
io sono morto
innumerevoli volte
ma dentro i tuoi occhi
io muoio l’ultima
perché ora so
che niente
può superarli
così uguali
così miei

mi troverai
o forse no
perché avrò fatto roccia
del mio viso

Spá

la candela 
brucerà così tanto
da consumare
tutto l’ossigeno

e il freddo sarà
così smisurato
da non dare più
lo stesso sollievo

riempiendo pareti
di libri ed oggetti
non abbastanza
per togliere l’eco 

e allora una porta
sarà il tagliafuoco
per la libertà
tanto cercata

non c’è arcano 
maggiore o minore
che sappia svelarti
cosa hai perso

e le notti
saranno eterne
tanto da rimpiangere
la morte

ma anche il sole
dei giorni più caldi
sembrerà una veglia
ancora più limpida 

e allora ogni oggetto
ogni albero
sembrerà un monolite
incombente e massiccio 

e la libertà
sarà una prigione
lo spazio
una gabbia affollata 

farà male 
più del male di prima
più del male minore
sarà il male maggiore

e la sanità 
nella sua piattezza
non spegnerà la sete
della violenta follia

e sempre inscenerai
gli altari di luci
ma la musica
non sembrerà più 
quello che era 

ma la ruota ha girato
e ti ha schiacciato
sotto gli stessi raggi
su cui prima poggiavi

le catene allora
sembreranno dorate 
e rimpiangerai il significato
delle parole
cosa hai ottenuto 
quando ti sei trasformato
nella Giustizia 
la cui lama
separa il giusto
dallo sbagliato

cosa ottieni
posando le intenzioni 
sul piatto della bilancia
senza un contrappeso
altrettanto greve

hai filtrato acque
fino a separare per sempre
il nero dal bianco
e quelle due brocche
non le mescoli mai

ma quante volte
la tua spada 
è davvero calata 
a separare l’amore
dall’orrore 

quante volte
hai sfilato la lama
e hai potuto dire
che giustizia era fatta
che eri soddisfatto

e da tutto il male
non hai saputo risparmiarti
e non solo 
hai anche corroso
la libertà di amare